Dïàrio s. m. [dal lat. diarium «vitto giornaliero» (usato di solito al plur., diaria -orum: v. diaria) e nel lat. tardo «registro giornaliero», der. di dies «giorno»]. – 1. a. Forma elementare di storia in cui gli avvenimenti sono registrati giorno per giorno: per es., i Diarî, in 58 volumi, del cronista veneziano Marin Sanudo (1466-1536). b. Nell’uso com., quaderno o sim. nel quale si annotano e si commentano giorno per giorno gli avvenimenti che si ritengono più importanti, e spec., se a carattere personale, le proprie vicende intellettuali e sentimentali, si esprimono pensieri, osservazioni e spesso confessioni intime e segrete; le annotazioni stesse che si fanno: diario di viaggio; il d. di una spedizione scientifica; scrivere nel d.; tenere un d.;pubblicare il d. di uno statista, di un poeta, ecc. Anche, titolo di opere a stampa che riproducono il contenuto del diario di uno scrittore, di un artista, di un uomo politico, ecc.: il«Diario intimo» di N. Tommaseo. 2. Registro giornaliero: d. scolastico, libriccino in cui gli alunni segnano le lezioni assegnate per ciascun giorno; d. di classe, registro dove gli insegnanti segnano giornalmente gli argomenti svolti nella lezione e i compiti assegnati. Con sign. diverso, d. degli esami, specchietto in cui sono segnati i giorni predisposti per ciascuna prova di esame (d. delle prove scritte, d. delle prove orali). 3. ant., non com. Giornale (anche come titolo di giornali: per es., il Diario di Roma, che si pubblicò a Roma dal 1808 al 1848).
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« “Che cosa è ?” chiese Niceta dopo aver rigirato tra le mani la pergamena e aver tentato di leggerne qualche riga.
È il primo mio esercizio di scrittura,” rispose Baudolino, “e da quando l’ho scritto […] me lo sono portato appresso come un amuleto. Dopo ho riempito molte altre pergamene, certe volte giorno per giorno. Mi pareva di esistere solo perché a sera potevo raccontare quello che mi era accaduto di mattina. […] Così nel corso dei miei viaggi mi portavo dietro la storia della mia vita.»
(Umberto Eco, Baudolino)
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“È opportuno fare una differenza fra due modalità differenti di utilizzare il diario, ma che hanno la loro ragione di esistere nella misura in cui possono dialogare fra loro: una prima che è quella del diario come momento soggettivo […] e una seconda che è quella del diario come strumento di indagine oggettiva […]. Il diario diventa, così, contemporaneamente uno strumento ‘di formazione e di ricerca; due dimensioni che non vengono più tenute separate, ma che dialogano continuamente all’interno di questo approccio’. […]
Dunque il diario intimo può risultare ancora più efficace e incisivo nell’esistenza di chi lo scrive proprio quando “si adotta la strategia della circolazione dei diari, della rilettura del proprio diario da parte di altre persone impegnate nello stesso conteso […], nel momento, cioè, in cui il sé diventa pubblico attraverso la mediazione della scrittura. Il primo a rileggere il diario è spesso il suo autore, ma successivamente è necessario farlo leggere anche agli altri, se non si vuole ridurre quest’attività a puro solipsismo. Come dice Hess, ‘la scrittura è soprattutto un mezzo di comunicazione in differita’, attraverso cui è possibile far avanzare la propria ricerca, promuoverne lo sviluppo e socializzarne i contenuti. Il diario inteso come strumento di intervento educativo e di ricerca impone questa regola: si tratta essenzialmente di una strategia comunicativa basata su un’esigenza di socializzazione e di condivisione.”
(Rémi Hess, La pratica del diario, a cura di F.P.Palese)
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Un altro problema, per chi si cimenta con la lettura di un diario è quello, diciamo così, del contenuto. Io credo che la coscienza tematica di un diario non corrisponda al suo contenuto, e non si possa ridurre ad un maggiore o minor grado di sincerità del contenuto stesso. Tento di spiegarmi meglio. Un diario procede sull'impulso di un'aspettativa, di una tensione progettuale che spesso non nasconde un'aperta intenzione etica: io scrivo queste pagine per migliorare me stesso; per diventare irreprensibile, direbbe Gide. Da un momento all'altro questa aspettativa, questa tensione può trasformarsi o disperdersi: il diario può lasciare luogo ad altre forme, oppure, più semplicemente, può finire da un giorno all'altro. Un limite che è anche, come abbiamo detto, una ragione costitutiva del diario.
(Stefano Colangelo, Il diario come forma)
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Le donne della corte del periodo Heian (794-1185) usavano compilare diari su cui annotavano in modo più o meno dettagliato i fatti, le abitudini, gli struggimenti e le gioie delle loro giornate. Si sviluppa così il genere letterario dei nikki, una produzione tutta al femminile. [...] I diari del periodo Heian non sono legati a date precise o a giorni in particolare: si tratta in realtà di scritti in cui le autrici partono dalla grande matassa dei loro ricordi e cercano di dipanarne i fili attraverso i quali descrivono la realtà che le circonda.
(Claudia Montoneri, Nikki e Monogatari)
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"Questa e’ la bella vita che ha fatto il sottoscritto Rabito Vincenzo,nato a Chiaramonte Gulfi,allora provincia di Siracusa,il 31 marzo del 1899.
Mio padre Rabito Salvatore mori’ a 40 anni,di polmonite,quando avevo dieci anni, lasciando mia madre con sette figli da mantenere.
Io ero il secondo della numerosa famiglia ed ero io l’unico che sapeva quello che ci voleva per tirare avanti. Mio fratello piu’ grande,Giovanni,pensava solo per la sua pancia e quando guadagnava qualcosa soldi a casa non ne portava mai. Ero solo io quello che capiva la situazione di mia madre. Per questo quando non ci avevo niente in tasca camminavo arrabbiato e bestemmiando e quando portavo soldi a casa venivo invece ballando ballando. E per questo mia madre diceva sempre,alle vicine:
”Se non ci fosse mio figlio Vincenzo,nella mia famiglia morissimo tutti di fame! [...] "
(Vincenzo Rabbito, Terra Matta)
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Proprio in quanto sono consapevole della sua rimarchevole varietà, mi sembra il caso di precisare che il genere diario è un grande raccoglitore di tipi e forme; così come abitualmente usato è un termine che richiede continue precisazioni epitetiche – diario di viaggio, diario letterario, diario intimo, diario politico o diario diplomatico e militare. È evidente che, nonostante la sua indeterminatezza, l’espressione designa nel suo insieme l’ambiente umano e sociale nel quale ci muoviamo, di cui respiriamo l’aria quotidiana. La quotidianità costituisce appunto uno dei fili conduttori della mia riflessione; un secondo, che ne racchiude in effetti la premessa, è il fenomeno nudo e crudo della sopravvivenza. Non si pensa quasi mai al fatto che chi scrive un diario è sempre un vivente, una persona che sta lì, con un tavolo su cui lavorare, che trascorre i compleanni, gli anniversari, che invecchia, che può descrivere nel diario le sue fissazioni e le sue malattie solo fino a quando è in grado di farlo, o solo fino a quando accetta se stesso come persona vivente e non sceglie un diverso destino.
La sopravvivenza e la quotidianità, le ragioni d’essere del diario, sono parole troppo importanti, troppo astratte e insieme troppo ordinarie per suggerire anche solo una minima parte di come un diario si cimenti nell’interpretarle. Ma bisogna tuttavia abbandonare un’illusione, una prevenzione lusinghiera a suo favore: è molto raro che un diarista senta l’obbligo di monitorare le sue giornate onestamente e fedelmente senza altri fini che la documentazione. [...]
(Simonetta Piccone Stella, In prima persona)